I segni precursori delle eruzioni vulcaniche

Giovanni Macedonio

Prima di un’eruzione vulcanica l’ascesa del magma può provocare una piccola variazione della pendenza delle pendici del vulcano, rilevabile con uno strumento chiamato tiltmetro. Un altro segno è la deformazione o la frattura del suolo, sempre causata dall’ascesa del magma. Essa è rilevabile attraverso uno strumento chiamato geodimetro. Queste deformazioni danno luogo a dei piccoli terremoti, molto deboli.

Il Vesuvio è monitorato 24 ore su 24 da 12 stazioni sismiche che trasmettono al centro di analisi dati e informazioni in tempo reale, in modo da avere sempre sotto controllo la situazione sismica attorno al Vesuvio. L’Etna invece è monitorato da dei rilevatori di campo magnetico, che rilevano delle distorsioni nel campo quando il magma si muove verso la superficie.

Un'eruzione vulcanica è preceduta da una fase di premonizione, durante la quale il vulcano "annuncia" la ripresa dell'attività mediante segni premonitori, quali terremoti di bassa intensità e variazioni di livello del suolo. L'eruzione vera e propria può essere di tipo effusivo o di tipo esplosivo, in base alla composizione chimica del magma, alla sua temperatura e alla quantità di gas in esso disciolti: tutti questi fattori influenzano la viscosità (l'attrito fra le diverse molecole di un liquido o di un gas) e dunque la mobilità del magma.

Si ha un'eruzione di tipo effusivo quando il magma, povero di silice, si presenta abbastanza fluido e può risalire facilmente nel condotto vulcanico verso la superficie; i gas in esso dispersi si separano gradualmente, favorendo una tranquilla eruzione di tipo effusivo; la lava trabocca dal cratere e scorre in colata sui pendii del vulcano, allontanandosi rapidamente.
Si ha un'eruzione di tipo esplosivo quando il magma, ricco di silice, è molto viscoso e risale con maggior difficoltà verso la superficie; i gas in esso contenuti si liberano violentemente, superando in modo esplosivo la resistenza del materiale sovrastante: i gas strappano dalla parte alta del condotto roccia sbriciolata e lava polverizzata in goccioline, che vengono poi lanciate in aria. Talvolta, il magma è tanto viscoso da non riuscire a traboccare dal cratere, ma si solidifica al suo interno, formando una sorta di "tappo" di materiale solido che, prima o poi, la pressione esercitata dai gas farà saltare.
Ce ne parla Giovanni Macedonio, dirigente di ricerca presso la sezione di Napoli dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), di cui è stato direttore dal 2001 al 2007.