L'arte dello pseudonimo

Perché scrittori e scrittrici celebri hanno cambiato nome

Da sempre scrittori e scrittrici nella storia della letteratura hanno scelto di cambiare nome per firmare le proprie opere, ma perché lo hanno fatto? Scopriamo insieme alcuni casi esemplari.

Uno dei motivi più frequenti è l’omaggio a qualcuno di amato o stimato: Alberto Pincherle scelse come “cognome d’arte” Moravia in omaggio al cognome da nubile della propria nonna; Umberto Saba, che di cognome faceva Poli, volle invece omaggiare la sua balia Peppa Sabaz; Aron Hector Schmitz, scelse il nome d’arte Italo Svevo per celebrare le sue doppie origini italiane e tedesche, dato che all’epoca della sua nascita la sua città natale, Trieste, faceva parte dell’impero austro-ungarico. Spostandoci fuori dall’Italia Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto (chi sarà mai costui?) decise invece di chiamarsi Pablo Neruda come atto di stima per il poeta cecoslovacco Jan Neruda.

Poi ci sono gli autori per i quali la scelta di diversi pseudonimi diventa parte integrante della propria poetica: Fernando António Nogueira Pessoa ha utilizzato numerosi nomi d’arte (per esempio Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Bernardo Soares e Alberto Caeiro) come un vero e proprio equilibrista dell’identità, in un mirabile gioco di specchi letterario che lui stesso ha definito come un “tratto profondo di isteria che esiste in me”. Anche Georges Simenon, per dissimularsi mentre scriveva e pubblicava libri in quella che definiva la sua fase di "letteratura alimentare", arrivò a utilizzare ben 27 pseudonimi. Ma chi detiene il record assoluto è probabilmente Stendhal, che non usò mai il suo vero nome neanche sulla propria lapide, e di pseudonimi (tra libri e carteggi) ne utilizzò addirittura 350.

Per alcuni invece lo pseudonimo è un’occasione di sfida al mercato editoriale: Stephen King ha pubblicato ben 4 romanzi con lo pseudonimo Richard Bachman, ottenendo un discreto successo; mentre Joanne K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter, ha avuto meno fortuna: quando ha firmato un romanzo poliziesco col nome Robert Galbraith, non solo ha incassato diversi rifiuti dagli editori, ma quando finalmente il libro è stato pubblicato ha venduto appena 1500 copie. E se il premio Nobel Doris Lessing firmò con lo pseudonimo Jane Somers come atto di protesta verso il mondo dell’editoria, per svelare ipocrisia e inconsistenza di alcuni meccanismi, non si può non menzionare il clamoroso caso del vero campione di questo tipo di inganno rivelatore: lo scrittore francese Romain Gary, che dopo aver pubblicato molti romanzi e aver vinto il prestigioso premio Goncourt, fu accusato dalla critica letteraria francese di essere praticamente finito come romanziere. A quel punto cominciò a firmare segretamente i suoi nuovi romanzi come Émile Ajar, e proprio con questo nome vinse per una seconda volta nel 1975 il Goncourt grazie al romanzo La vita davanti a sé, celebrato come un capolavoro. Ma il vero coup de théâtre è che l'identità di Ajar fu svelata, per precisa scelta di Gary, solo dopo la sua morte.

Altro motivo frequente per cambiare nome, almeno fino a tutto l’Ottocento, è tristemente dovuto a un radicato e – è ancora necessario ribadirlo? – totalmente ingiustificato pregiudizio per le scrittrici donne, e così per esempio Louisa May Alcott, grande autrice di Piccole donne, decise di firmarsi come col nome maschile A. M. Barnard; mentre Charlotte, Emily e Anne Brontë firmarono rispettivamente coi nomi Currer, Ellis e Acton Bell anche il loro capolavoro Cime Tempestose. Pochi lo sanno ma anche Elsa Morante all'inizio della sua carriera letteraria, prima cioè dei romanzi che le conferirono la celebrità, pubblicò diversi articoli e racconti a nome Antonio Carrera. Al contrario Jane Austen, indimenticabile autrice di Orgoglio e pregiudizio, rivendicò esplicitamente e orgogliosamente il proprio genere di appartenenza firmando i suoi libri semplicemente come "A lady" (una signora). 

Avverse alla pubblicità personale, abbiamo velato i nostri propri nomi sotto quelli di Currer, Ellis e Acton Bell; la scelta ambigua è dettata da una sorta di scrupolo di coscienza, assumendo nomi di battesimo positivamente maschili, noi non ci dichiariamo donne, anche perché ciò che scriviamo non vogliamo che venga fatto rientrare sotto un’etichetta. Vogliamo evitare il pregiudizio – Dichiarazione di Charlotte Brontë nel 1850, dopo la morte delle sorelle


E ancora, tra gli altri: Carlo Collodi era in realtà Carlo Lorenzini, Curzio Malaparte (nome effettivamente troppo bello per essere vero) si chiamava Kurt Erich Suckert, mentre Jozef Kondrad Korzienowski è il vero nome del grande scrittore polacco naturalizzato inglese Joseph Conrad; e che dire di Agatha Christie che firmò alcuni romanzi rosa con lo pseudonimo Mary Westmacott? Per non parlare del mistero ancora tutt'altro che svelato di Elena Ferrante...