Matteo Bianchi, Il lascito lirico di Corrado Govoni

Dai crepuscoli sul Po agli influssi emiliani

In Il lascito lirico di Corrado Govoni, pubblicato da Mimesis, Matteo Bianchi rilegge l’opera dello scrittore di Tamara alla luce dei suoi influssi su due generazioni di autori emiliani. Venti autori contemporanei, tra cui Giorgio Bassani e Roberto Pazzi, vengono qui analizzati in quanto portatori di una poetica govoniana e l’ultimo capitolo del libro vede il terremoto del maggio 2012 come occasione di rinascita dell’intimismo caro a questo poeta.

Corrado Govoni occupò, nell’ambito della poesia italiana, un posto di rilievo e non tanto per la sua produzione fluviale, che copre un arco di oltre mezzo secolo, quanto per il modo in cui, agli inizi del Novecento, seppe sollecitare una “rottura” con le forme tradizionali che avevano avuto in Carducci, Pascoli e D’Annunzio gli ultimi grandi rappresentanti. Atteggiamento paragonabile a uno dei suoi singolari compagni di ventura, Aldo Palazzeschi, che si pose con eguale polemica nei riguardi del passato. La sua appartenenza a un territorio che, con il tempo, finì per idealizzare, nacque all’insegna del crepuscolarismo, la sua vena più delicata, quella alla quale rimase più fedele.


Matteo Bianchi, 1987, si è specializzato in Filologia moderna all’Università Ca’ Foscari di Venezia sulla poetica di Corrado Govoni. Ha curato l’Annuario govoniano di critica e luoghi letterari (La Vita Felice, 2020) e di Filippo Secchieri Scintillazioni. Tutte le poesie (con J. Robaey e A. Scarsella, Alce 2015). Scrive su “Il Sole 24 Ore”, “Left”, “Il Foglio” e Globalist.it. È redattore di Pordenoneleggepoesia.it e per Samuele Editore dirige sia il semestrale “Laboratori critici” sia la collana Leda con Marco Sonzogni. Ha pubblicato quattro raccolte in versi e ha anche collaborato alla Guida tascabile delle librerie italiane viventi (Clichy, 2019).